Pranzo d’artista
quando s’incontrano misericordia e libertà
con Lorena Nocera, Marco Pepe, Erika Urban, Giovanni Battista Storti
spazio scenico di Valentina Tescari
installazione di Roberta Colombo
“Donne illuminate” di Rezzonica Castelbarco e Cristina Magliano
adattamento e regia di Giovanni Battista Storti
maestro di cerimonia Marzia Loriga
lo spettacolo prevede un numero massimo di trenta spettatori
Tra cibo e musica dal vivo, gli spettatori sono invitati a sedersi intorno a un grande tavolo in compagnia degli attori, per vivere l’esperienza originale di un piccolo ma intenso poema gastronomico. Quindi ha inizio lo spettacolo, scandito da semplici azioni rituali, mentre sulla mensa vengono deposti alcuni oggetti dalla forte valenza simbolica ed evocativa.
Occasione della inconsueta situazione teatrale è la narrazione tratta dal racconto Il pranzo di Babette della scrittrice danese Karen Blixen, in cui l’opportunità conviviale si trasforma in una sorta di esperienza amorosa, nell’elogio della fedeltà e della riconoscenza, oltre che del potere dei sensi.
Il tema fondamentale che la Blixen pare voler indagare attraverso il cibo – vero e proprio mezzo di trasmissione di norme e valori e quindi di cultura -, è lo scambio di informazioni che intercorre fra colui che ospita e l’ospite stesso.
In questa nuova edizione dello spettacolo lo spettatore/commensale è chiamato in causa ancora più direttamente. Già al momento dell’accoglienza nello spazio scenico un cerimoniere annuncia il suo coinvolgimento nello sviluppo drammaturgico della storia, mentre, alle pareti splendono le “Donne illuminate”, installazione di Rezzonica Castelbarco e Cristina Magliano che riprende e re-interpreta in chiave inedita ritratti di donne, opera del pittore settecentesco Pietro Rotari.
Il pranzo di Babette fu scritto da Karen Blixen negli anni ’50 e da qui venne tratto il film omonimo, nel 1987 vincitore dell’Oscar come miglior film straniero, per la regia di Gabriel Axel.
Siamo alla fine dell’800; in un remoto paesino della Norvegia, due anziane signore vivono in religiosa frugalità insieme ai fratelli e alle sorelle che compongono la congregazione fondata dal loro genitore. Quella vita semplice e immutabile viene messa a repentaglio dall’arrivo di una profuga francese, Babette Hersant, in fuga perché ricercata dalla polizia. Pur temendo la straniera, lo spirito caritatevole induce le due sorelle ad accogliere la giovane, che resterà al loro servizio in cambio della sola ospitalità per ben 14 anni. Fin quando Babette vince una grande somma di denaro alla lotteria – ben diecimila franchi dell’epoca –; ma invece di fare ritorno in patria, decide di spendere l’ammontare dell’intera vincita per cucinare e offrire alla piccola comunità che l’ha adottata un vero e indimenticabile pranzo francese…
Per Babette il pranzo è un dono, forse una rivincita, sicuramente un mezzo espressivo che le consente di creare un’altra realtà, in cui spirito e carne condividono lo stesso cibo, gli opposti si attraggono e gli estremi si toccano. Afferma così la sua identità d’artista ed estingue la propria diversità.